Lettera di Carron a Repubblica: il mio commento
Lo stallo che blocca il Paese è dato dal fatto di percepire l’avversario politico come un nemico da neutralizzare. Ecco le mie riflessioni dopo aver letto la lettera di Carron a Repubblica
Non basta una formula politica per uscire dallo stallo in cui siamo, il bene comune cui diciamo di tendere si può realizzare se riconosciamo questo stesso desiderio in chi è diverso da noi, anche nell’avversario che milita in un altro partito.
La politica può ripartire se capisce che non basta a sé stessa, se noi che la facciamo per mestiere oltre che per passione iniziamo a considerare l’altro, le sue idee diverse dalle nostre, i suoi progetti, una risorsa e non un ostacolo.
Ha più responsabilità in questa apertura innanzitutto chi di noi è cattolico, abbiamo oggi l’occasione di mostrare concretamente cosa vuol dire ciò a cui ci ha richiamato Benedetto XVI insistendo sul fatto che “l’intelligenza delle fede diventi intelligenza della realtà”.
Mettersi insieme tra diversi per il bene del paese, questo ci chiede la situazione drammatica – soprattutto per famiglie, lavoro, economia e giovani – che stiamo vivendo. E’ questo il grande insegnamento che traggo dall’articolo di don Julian Carron pubblicato su Repubblica di oggi, 10 aprile 2013, dal titolo “Anche in politica l’altro è un bene” e per questo vi invito a leggerlo.
2 thoughts on “Lettera di Carron a Repubblica: il mio commento”
Ma don Carron deve sempre scrivere a “repubblica”? C’è un giornale peggiore per un cristiano? Dire che è quello più distante è un eufemismo…
Pensi,sono le stesse obiezioni che i farisei facevano a Gesù.
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