Maurizio Lupi

 Sosterremo con forza valore e bontà  del lavoro fatto, dicendo sì al referendum – Intervista a Libero
Giugno 22, 2016

Sosterremo con forza valore e bontà del lavoro fatto, dicendo sì al referendum – Intervista a Libero

ROMA • • • Presidente Maurizio Lupi, tira un’aria un po’ agitata tra centristi?
«Stiamo per arrivare a uno snodo fondamentale. Che è il referendum. Le riforme sono una delle ragioni per cui siamo al governo di questo Paese. E noi di Area Popolare abbiamo continuato a lavorare su questo tema anche dopo la fine del Patto del Nazareno. Motivo per cui», spiega il presidente dei deputati di Ap, «sosterremo con forza il valore e la bontà  del lavoro fatto, dicendo sì al referendum. Poi è naturale che a conclusione di questo percorso avvieremo una riflessione su come iniziare a costruire un’alternativa seria e credibile al Partito democratico».
 In Ap c’è chi chiede le dimissioni di Alfano.
 «Mi permetto di sottolineare che il primo ad aprire il dibattito in Area Popolare è stato proprio Alfano, annunciando che la questione sarà affrontata immediatamente dopo il referendum. Da ottobre si aprirà la riflessione sul senso della collaborazione istituzionale con il Pd. Adesso è il tempo di difendere il lavoro fatto concentrandoci sul referendum».
 E se vincono i no?
 «Se riusciamo a spiegare bene i contenuti di questa riforma, non temo una bocciatura. In ogni caso saranno i cittadini a giudicare il lavoro fatto. L’errore più grave è personalizzare il voto. Non è mai successo in passato, non vedo perché proprio stavolta il referendum confermativo debba diventare un plebiscito pro o contro Renzi. Comunque vada, si conclude una parte del nostro compito. E mi piacerebbe consegnare al Paese non solo una Costituzione ammodernata, ma anche la possibilità di avere una scelta elettorale in più oltre al populismo grillino e alla sinistra. Una scelta moderata, liberale e popolare. Come è successo a Milano con Parisi».
Ha vinto Sala, il “modello Milano” è rimasto incompiuto. 
«Io preferisco parlare di grande successo. Non è stato coronato dalla vittoria al ballottaggio, è vero, pero ricordiamoci cosa accadde alle primare del Pd. Sala si impose e per tutti era già il sindaco in pectore della città. Invece la ricostruzione di una proposta credibile ha permesso al centrodestra, nonostante le differenze che ci sono tra noi, di essere elettoralmente interessante e competitivo. E di relegare ai margini il populismo dei Cinquestelle». 
Ritiene che il «modello Milano» sia valido anche in chiave nazionale? 
«Io credo che questo schema sia ripetibile. A Milano una coalizione ampia che si è riunita intorno a una leadership moderata, indicata da Silvio Berlusconi, e ha avuto un atteggiamento propositivo. Si è unita intorno a un programma, il collante non è stato l’avversione per l’avversario».
Colpa della leadership centrista se si è perso. Lo dice Salvini
«Il centro è stato determinante. Senza i nostri 16mila voti non ci sarebbe stata partita. A Salvini dico che le differenze tra noi e loro non mi fanno paura, possono essere una ricchezza. Ma l’identità del nuovo centrodestra non può essere il “contro”. Non bisogna fare l’errore della sinistra anti-berlusconiana che univa l’impossibile nel nome della comune avversione per il “nemico Berlusconi”. Se oggi il centrodestra segue quell’esempio sbagliato non sarà mai un’alternativa credibile di governo». 
Come scegliere la leadership? Con le primarie ad esempio? 
«Le primarie possono essere uno strumento. Ma il federatore deve essere una figura che rappresenti i moderati. Dove abbiamo seguito questo schema, il centrodestra ha vinto o ha sfiorato la vittoria. successo in Liguria l’anno scorso con Toti. E domenica a Savona, Trieste, San Giuliano milanese e via dicendo. Tutti i partiti devono interrogarsi su questo: è il caso di candidarsi a governare di nuovo questo Paese o è meglio fare il pieno di voti ma limitarsi a una battaglia di testimonianza? A Milano il centro ha preso il 27 per cento. Sono i livelli del 2011. Bossi guidava un partito con una forte identità e non ebbe difficoltà a stringere alleanze, magari perdendo qualcosa in termini di consenso di lista, ma abbracciando un progetto di governo credibile. Se Lega e Fratelli d’Italia vogliono essere solo “anti” si rassegnano a inseguire il M5S in un territorio che già monopolizzato. Non credo che gli convenga». 
Andrà rivista la legge elettorale? 
«Sarà una riflessione da fare assolutamente. Ma dopo il referendum e la sentenza della Corte Costituzionale. L’Italicum garantisce la governabilità e non favorisce nessuno. Storicamente poi chi scrive la legge elettorale ne paga sempre il prezzo. Successe alla Dc col Mattarellum e a noi nel 2006 col Porcellum. Un tema di discussione può  essere sul premio di maggioranza al partito. Si rischia la finzione di partiti che si uniscono in cartelli elettorali. Forse è più trasparente assegnare il premio alla coalizione».
Di: Salvatore Dama
Fonte: Libero

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