Maurizio Lupi torna a Merate 17 anni dopo la prima elezione del 2001: «Un legame mai venuto meno»
Maurizio Lupi
Torna a Merate 17 anni dopo la prima elezione del 2001:
«Un legame mai venuto meno»
MERATE (gcf) Dopo 17 anni torna a Merate, da dove era partito nel 2001, per candidarsi al collegio uninominale della Camera. Allora era un giovane amministratore emergente con alle spalle un’importante esperienza in Comune a Milano nella Giunta guidata da Gabriele Albertini come assessore all’Edilizia privata. Oggi Maurizio Lupi, 59 anni, milanese, ma meratese d’adozione, torna con un curriculum di tutto rispetto: è stato vice presidente della Camera e ministro delle Infrastrutture.
«Nessuno si immaginava di tornare a una legge elettorale con i collegi. Una volta approvato il Rosatellum, che prevede l’elezione diretta di quasi un terzo dei deputati, quando si è trattato di scegliere la mia preferenza è andata senza alcun tentennamento a Merate»
Perché?
«Più delle parole valgono i fatti, soprattutto in un momento come questo di disaffezione nei confronti della politica mentre i partiti sono al penultimo posto nella classifica di gradimento dei cittadini. Nel 2001 ho avuto modo di incontrare tante persone: sindaci, amministratori locali, imprenditori, liberi professionisti, gente comune. Per me è stato un arricchimento al punto che negli anni successivi ho continuato a coltivare un rapporto con molte di queste persone. Questo ritorno dice che il legame con il territorio non è mai venuto meno. È un modo per rimettermi in gioco: saranno i cittadini a decidere se merito di essere riconfermato».
La macchina organizzativa è già partita?
«Sì e si sta arricchendo di nuove persone».
Ad esempio?
«Nei giorni scorsi mi ha chiamato il sindaco di Cisano, Andrea Previtali, che mi ha gentilmente offerto la sua collaborazione: quando ero ministro mi aveva posto il problema della strada, un’infrastruttura importante per il suo territorio bloccata da troppo tempo e siamo riusciti a risolvere il problema».
In Brianza poi c’è la Fondazione Costruiamo il futuro.
«Questa è sempre stata un’associazione trasversale, uno strumento al servizio del territorio che svolge attività di charity erogando annualmente circa 100 mila euro di contributi ad associazioni che operano nel settore del volontariato, della cultura e dello sport. Non abbiamo mai guardato in faccia chi ha chiesto un aiuto perché queste realtà non hanno colore e noi dobbiamo essere imparziali. Poi la Fondazione ha promosso sul territorio molti incontri di successo che hanno visto la presenza di personaggi del mondo della cultura (Pupi Avati), dello spettacolo (Carlo Verdone, Giacomo Poretti), della politica (Carlo Calenda, Pier Carlo Padoan) e religioso (cardinal Camillo Ruini, monsignor Gianfranco Ravasi, monsignor Rino Fisichella). Da diversi anni organizziamo anche la Summer School, una scuola di politica per aiutare i giovani che vogliono occuparsi della gestione della cosa pubblica. Una bella esperienza che poi abbiamo replicato un pò in tutta la Lombardia».
In Parlamento ha trascorso quattro legislature, è stato ministro delle Infrastrutture e Trasporti, vice presidente della Camera e capogruppo di Area Popolare. A quale di questi ruoli è più legato?
«Il ruolo di vice presidente della Camera mi ha fatto apprezzare il valore delle istituzioni e guardare con preoccupazione al modo in cui oggi vengono demonizzate. La presenza del M5S da una parte è un segno di vivacità politica, ma dall’altra preoccupa per l’atteggiamento con il quale distruggono la politica e le istituzioni, creando un danno per tutto il Paese. Se politica e istituzioni vengono usate male bisogna cambiarle non distruggerle. Fare il ministro mi ha aiutato a capire che un conto sono le promesse e un altro è quando ci si assume la responsabilità di governare: quando hai la possibilità di decidere non puoi nasconderti dietro l’alibi che il funzionario non ti segue o la Ragioneria dello Stato non stanzia i fondi».
L’esperienza di ministro è durata due anni ed è stata interrotta per l’esplosione del caso “Grandi opere”.
«Sono molto libero dal potere e dalle poltrone e quando ho visto finire ingiustamente sotto accusa la mia famiglia e i miei amici mi sono subito dimesso senza essere mai stato indagato. Poi a distanza di tempo ho visto che le persone indagate non avevano commesso nulla…
Nel 2013 ha lasciato Forza Italia per aderire al Nuovo Centrodestra, formazione che ha appoggiato tre governi a guida Pd: Letta, Renzi e Gentiloni. Ora torna nel centrodestra. Perché?
«Quelli non sono stati governi del Pd ma esecutivi più allargati e nati dalla sconfitta di tutti perché nel 2013 nessuna coalizione aveva i numeri per guidare il Paese ma c’era bisogno di dare un governo stabile e affrontare problemi urgenti. E in questi governi abbiamo portato i nostri valori e difeso i nostri ideali. Abbiamo fatto la stessa cosa che in Germania hanno fatto Angela Merkel e Martin Schulz: perché questa esperienza in Italia è vissuta negativamente mentre in Germania è una cosa positiva? Adesso – Noi con l’Italia e Udc – ci presentiamo agli elettori all’interno dello schieramento di centro-destra, che è sempre stata la nostra casa, per far vincere la coalizione con la quale condividiamo il programma»
Come è nata l’esperienza di Noi con L’Italia?
«Anche nel centrodestra c’è bisogno di rinnovamento, di una forza moderata e di centro che non guarda all’avversario come a un nemico. La politica deve essere seria, equilibrata e non deve fare promesse che poi non possono essere realizzate. Vogliamo far tornare al centro del dibattito l’educazione e la scuola, la famiglia, l’impresa e il lavoro, alleggerire lo Stato. Il nostro contributo è quello che abbiamo mutuato dall’esperienza brianzola: meno chiacchiere e più fatti»
Questa campagna elettorale sarà breve…
«Mi auguro che ci si possa confrontare sui problemi, che ognuno di noi abbia la possibilità di dire come vuole rappresentare questo Collegio e quali sono i problemi che vuole affrontare. Gli scontri e le polemiche hanno stancato».
Intervista di Giancarlo Ferrario per il Giornale di Merate del 6 febbrario 2018