«Abbiamo raggiunto il 3 per cento e saremo decisivi per l'esecutivo»
«L’ultimo sondaggio lpr Marketing dà Noi con l’Italia al 3%, questo significherebbe un bel gruzzolo di deputati».
Maurizio Lupi non può nascondere la soddisfazione. Intervistato dal direttore Pietro Senaldi per Liberoquotidiano.it fa due conti e pregusta già il ruolo di ago della bilancia nel centrodestra a partire dal 5 marzo.
Onorevole Lupi, la quarta gamba…
«Alt, noi non siamo la quarta gamba. Nel centrodestra ci sono quattro forze politiche, con proposte differenti. E Noi con l’Italia crede in una politica normale, sensata. Qua non c’è né Mandrake, né Maradona. Rappresentiamo i moderati, siamo per la serietà e per trovare soluzioni ai problemi degli italiani. E abbiamo il coraggio di dire che rincorrere misure come il reddito di cittadinanza dei grillini è una stupidata, cosi come promettere l’abolizione totale della legge Fornero. Gli elettori non vanno illusi, se no poi arrivano davvero con i forconi».
Non crede che ci siano state tante, troppe proposte in questa campagna elettorale?
«In realtà è giusto farle. Ad esempio, sono lieto che tutti i partiti dicano oggi che si pagano troppe tasse. Poi però si entra nel merito. La flat-tax? Non si fa in un anno. Noi diciamo: moduliamola, estendiamo la no-tax area e introduciamo da subito tre aliquote, facendo pagare al ceto medio il 27% e non il 38 o il 41%. Costo 10/12 miliardi, assolutamente realizzabile».
Per voi il ritorno da Silvio Berlusconi è un po’ un ritorno a casa del padre?
«No. Berlusconi è ancora un trascinatore, un acchiappa-consenso ma non arriva più al 39%. Occorre che qualcuno riesca a prendere i voti di chi non sceglie più il Cavaliere, o Salvini, o la Meloni».
Siete per il centrodestra un po’ quello che è la Bonino per Renzi.
«In parte si. Berlusconi è il primo ad averlo capito. La Meloni e Salvini giustamente erano all’inizio più scettici, perché riportiamo l’asse della coalizione verso il centro, com’è naturale. Per la prima volta siamo al 3% e questo cambia tutto. Vede, il sistema elettorale è per 2/3 proporzionale e per 1/3 maggioritario. Nel maggioritario, vince il candidato sostenuto dalla coalizione. Nei collegi uninominali, Noi con l’Italia ha 36 candidati di cui penso che potranno essere eletti in Parlamento 16 deputati e 7 senatori. Ma è sul proporzionale che misureremo la nostra forza. Se il sondaggio di Antonio Noto verrà confermato e supereremo lo sbarramento del 3%, potremmo avere come minimo altri 13 deputati e 7 senatori».
Lei è stato alleato sia con Berlusconi che con Renzi. Differenze?
«In maggioranza con Berlusconi, ministro con Renzi. Sono amico di entrambi, credo ci sia stima reciproca. Io dissi a Renzi in tempi non sospetti, quando era votato da mezza Italia: “Devi imparare una cosa da Berlusconi, dire grazie”. Silvio voleva il 51%, ma non ci riusciva e cosi chiedeva aiuto agli altri. Quante volte ha concesso alla Lega posti di rilievo, anche quando era ben sotto il 10%. Ricordo i casi dei governatori Cota, Zaia, Maroni…».
Non l’hanno ripagato con molta gratitudine, però…
«No, non la metterei su questo piano. Io rivendico la storia mia e di Angelino Mano. Abbiamo allontanato l’Italia dal baratro. Senza di noi saremmo ancora commissariati dai tecnici».
A proposito di Alfano, cosa pensa della sua scelta di farsi da parte?
«Mi dispiace molto, Angelino è stato il parafulmine di un momento storico. Non ricandidandosi ha dato dignità a Ncd e Alternativa popolare. Spero e credo che la sua storia politica non sia finita qua. Anzi, mi adopererò per un suo ruolo in futuro».
Ma prima o poi si dovrà porre la questione del dopo-Berlusconi. Chi lo sfiderà?
«Non si tratta di sfidare. Berlusconi ha il dovere di pensare al partito moderato del futuro, trovare il suo erede. Allo stesso Salvini la sfida mi pare sia andata male. Berlusconi vada avanti cosi, Salvini pure. I voti della Lega sono voti rubati al Movimento 5 Stelle. Noi dobbiamo pensare al restante 10%».
Ma per avere la maggioranza occorrerà il 41-42%?
«Questa legge elettorale si applica per la prima volta, quindi non si può prevedere. La partita si giocherà nei collegi uninominali al Sud, tra centrodestra e M5S. Ma una cosa è certa, noi siamo gli unici a poter garantire un governo politico».
Qualcuno però parla già di larghe intese, di governo del presidente, di Gentiloni bis…
«Le grandi intese sarebbero il segno di una sconfitta. Gentiloni non è Superman, è una guida normale, che lavora in silenzio con toni bassi. Non dà nemmeno la percezione di essere del Pd, ma non credo che sarà lui il prossimo premier».
Fonte: Libero Quotidiano
Autore: Claudio Brigliadori
Data: 15/02/2018