Maurizio Lupi

 Il risultato elettorale ci offre l’immagine di un Paese diviso, di una società non pacificata e dell’ennesimo tentativo di riporre la speranza nel cambiamento politico.
Marzo 7, 2018

Il risultato elettorale ci offre l’immagine di un Paese diviso, di una società non pacificata e dell’ennesimo tentativo di riporre la speranza nel cambiamento politico.

Il risultato elettorale ci offre l’immagine di un Paese diviso, di una società non pacificata e dell’ennesimo tentativo di riporre la speranza nel cambiamento politico.
Il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti, all’inizio della campagna elettorale indicava ai cattolici un triplice compito: “ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”.
Da dove ripartire?
Segnalo questo brano di Giovannino Guareschi, che un’idea la suggerisce.
Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.
Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”.
da “Don Camillo e don Chichì”

Prev Post

«Siamo il valore aggiunto per governare. Quattro miliardi per il…

Next Post

A cinque anni dall'elezione di Papa Francesco mi sono chiesto,…

post-bars

Potrebbero interessarti