A cinque anni dall'elezione di Papa Francesco mi sono chiesto, nell'irruzione di novità e di vera tradizione che questo pontefice ha portato, che cosa mi ha più segnato nel mio tentativo di vivere da cristiano e da cattolico che fa politica
A cinque anni dall’elezione di Papa Francesco mi sono chiesto, nell’irruzione di novità e di vera tradizione che questo pontefice ha portato, che cosa mi ha più segnato nel mio tentativo di vivere da cristiano e da cattolico che fa politica: il suo richiamo al ritorno all’essenziale, il suo avvertimento sul cambiamento d’epoca e la sua denuncia sulla cultura dello scarto.
Dobbiamo essere grati a questo Papa venuto ‘dalla fine del mondo’, perché con la sua parola e i suoi gesti ridà speranza anche al nostro mondo, ci indica il punto da cui ripartire. C’è in Papa Francesco, a mio parere, la tensione continua al rapporto con le persone, non come singoli ma come popolo.
È questa sua preoccupazione per l’educazione del popolo – ‘se ci fosse una educazione del popolo, tutti starebbero meglio’, diceva don Giussani in uno dei suoi ultimi interventi pubblici – ciò che anche noi politici dovremmo trattenere del suo insegnamento e della sua testimonianza.