#FamilyAct
PROPOSTA DI LEGGE
Misure per il sostegno della famiglia
d’iniziativa dei deputati LUPI, COLUCCI, COSTA, TONDO
Onorevoli Colleghi! È prioritario mettere al centro del dibattito politico il tema della famiglia, della natalità e delle esigenze ad esse legate. La famiglia è infatti non solo il soggetto promotore dello sviluppo e del benessere sociale, ma anche il luogo in cui coltivare il futuro, il desiderio di maternità e di paternità. Secondo l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il tasso di fecondità nel nostro Paese è attestato su 1,34 figli per donna in età fertile (anno 2016). Quello italiano è uno dei livelli più bassi di fecondità osservato nei Paesi sviluppati ed è il risultato di una progressiva diminuzione delle nascite che è in atto da circa un secolo. La diminuzione della fecondità è stata, tra l’altro, accompagnata da importanti mutamenti nelle modalità scelte dalle coppie per avere dei figli. L’età della madre alla nascita del primo figlio, ad esempio, è andata aumentando a partire dalle generazioni di donne nate nella seconda metà degli anni cinquanta, raggiungendo oggi la soglia dei ventinove anni. In realtà in Italia si fanno pochi figli non perché non siano desiderati ma per le oggettive difficoltà economiche, lavorative e di organizzazione.
In Europa esistono Paesi – come quelli scandinavi, la Germania e la Francia – dove il Governo ha investito largamente nelle politiche familiari, determinando un incremento notevole della natalità. Ad esempio, in Francia si registra ormai un indice di fecondità assestato attorno a 2 figli per donna.
Queste valutazioni risentono fortemente sia del regime di welfare che delle forme di sostegno sociale per le coppie, per le famiglie e per l’infanzia.
Lo Stato, con particolare riferimento all’attività del legislatore, possiede non solo le potenzialità, ma anche la responsabilità sociale di efficaci politiche a sostegno della natalità.
La Francia – la cui struttura assistenziale è più vicina a quella italiana – sembra essere attualmente il Paese che meglio ha interpretato tali necessità attualizzando politiche volte al sostegno della famiglia, considerando quest’ultima come fattore di sviluppo e crescita. Basti pensare che il 3 per cento del prodotto interno lordo (PIL) viene destinato alle cosiddette prestazioni familiari: assegni generali di mantenimento (assegno di sostegno familiare, assegno per il genitore solo), prestazioni di mantenimento e di accoglienza legate alla piccola infanzia (premio alla nascita o all’adozione, assegno mensile erogato in presenza di determinate condizioni di reddito dalla nascita ai tre anni di età del bambino o al momento dell’adozione del bambino, integrazione di libera scelta di attività, integrazione della libera scelta del modo di custodia) prestazioni ad assegnazione speciale (assegno per l’istruzione di un figlio disabile, assegno per l’inizio dell’anno scolastico, assegno di presenza parentale, assegno d’alloggio, indennità di trasloco) e altre misure di agevolazione fiscale per le famiglie.
L’incremento del tasso di natalità, com’è noto, è un vantaggio incomparabile – nel medio e lungo termine – per l’economia di un Paese: maggior numero di occupati, di consumatori e di contribuenti. La politica adottata in Francia porterà, in prospettiva, a un primo rimedio degli squilibri crescenti del sistema di previdenza, mentre nel breve periodo porterà a un’espansione del settore degli impieghi legati alla cura e all’educazione dei bambini.
La presente proposta di legge ha l’ambizione di varare anche in Italia un’organica politica per l’inversione di tendenza nel tasso di natalità, tenendo conto – è ovvio – delle specificità del sistema di welfare italiano, nonché delle compatibilità di finanza pubblica, ma puntando decisamente in questa direzione.
La proposta di legge individua tre filoni di intervento:
1) trattamento fiscale delle famiglie con figli a carico e dei genitori a carico;
2) misure specifiche di sostegno alla natalità e di incentivo al suo incremento e corrispondenti misure a favore della conciliazione lavoro-vita familiare;
3) agevolazioni per l’accesso alla locazione da parte delle giovani coppie e trattamento fiscale dell’abitazione principale.
Con il capo I (Trattamento fiscale della famiglia) si introducono norme immediatamente applicabili che avvicinano il nostro ordinamento fiscale a un organico sistema di quoziente familiare.
In particolare, l’articolo 1 rivede profondamente il sistema delle detrazioni elevando gli attuali massimali per i figli a carico, riconoscendo una più accentuata progressione per le famiglie via via più numerose, riconoscendo una specifica detrazione aggiuntiva per i genitori a carico del contribuente, al fine di incentivare il sostegno dei genitori in difficoltà economiche o non autonomi da parte dei figli: la famiglia, infatti, è il luogo primario di formazione della personalità se concepita e vissuta, sempre più, come fonte di diritti e di corrispondenti doveri, rimediando così (con l’articolo 1, comma 2) a una palese irrazionalità della disciplina tributaria. Infatti, Il testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 ha introdotto il limite entro il quale un familiare viene considerato a carico: 5.550.000 lire, corrispondente agli attuali 2.840,51 euro. Da allora, nonostante siano passati quasi trenta anni, tale importo non è mai stato modificato. Nel frattempo questo limite è stato fortemente eroso dall’inflazione. Il mancato adeguamento dell’importo ha comportato una duplice stortura: da un lato, rende più difficile l’autonomia economica dei giovani e, dall’altro, favorisce la ricerca di lavori in nero, al fine di non perdere i benefìci delle detrazioni e degli assegni familiari. Tale situazione risulta particolarmente evidente per gli studenti universitari che, a fronte delle importanti spese che le famiglie devono sostenere per gli studi e il mantenimento (specie per i fuori sede), hanno la necessità di cercare piccoli lavori per garantirsi un minimo di autonomia economica.
L’articolo 2 dispone la modulazione in base al carico familiare dell’importante contributo degli 80 euro, introdotto per i lavori dipendenti e per i pensionati dal decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014. Successivamente, grazie all’azione di Area Popolare all’interno dei Governi di centrosinistra, tale importo è stato stabilizzato, sono state lievemente innalzate le soglie di reddito ed è stato escluso dal computo del reddito il c.d. “bonus bebè”
L’articolo 3 interviene in materia di addizionale regionale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Infatti, l’articolo 6 del decreto legislativo n. 68 del 2011 ha stabilito, a decorrere dal 2012, un aumento delle addizionali regionali dell’(IRPEF), con un’aliquota base dell’1,23 per cento, che può essere maggiorata:
a) fino a 0,5 punti percentuali per gli anni 2012 e 2013;
b) fino a 1,1 punti percentuali per l’anno 2014;
c) fino a 2,1 punti percentuali a decorrere dall’anno 2015.
Il decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha stabilito che i comuni possono gestire le addizionali comunali con aumento dall’aliquota fino allo 0,80 per cento. A fronte di questi importanti aumenti delle addizionali, sono stati introdotti correttivi di equità verticale, in facoltà delle regioni e dei comuni, per differenziare le aliquote in base a fasce di reddito. Ma non è stato introdotto alcun correttivo di equità orizzontale che tenga conto di quante persone (e, nel caso dei disabili, delle loro condizioni) vivono con quel reddito, rendendo quindi le addizionali e i relativi aumenti particolarmente iniqui nei confronti delle famiglie con figli, soprattutto quelle numerose e con disabili: a parità di reddito, un lavoratore con uno, due, tre o più figli a carico, paga le stesse identiche addizionali di un single o di una coppia senza figli. Si rende quindi necessario introdurre correttivi che prendano in considerazione i figli a carico.
Al capo II si collocano una serie di misure volte a delineare un nuovo welfare orientato alla famiglia e alla natalità.
Con gli articoli 4 e 5 viene riconosciuta una deduzione ai fini dell’IRPEF pari all’80 per cento delle spese sostenute per la cura e per la tutela della salute della puerpera e del bambino. Si interviene in tal modo sulla fascia della primissima infanzia e del mero evento della nascita.
L’articolo 6, invece, reca una misura specifica volta a conciliare vita lavorativa e maternità: si tratta di un incentivo in favore delle imprese che assumono donne lavoratrici sancendo i presupposti per la fruizione, da parte delle imprese stesse, del credito d’imposta disciplinandone la decorrenza e la misura, nonché specificandone la natura.
Con l’articolo 7, sempre allo scopo di non scoraggiare – sul versante lavorativo – la maternità e la paternità, si aumenta il contributo corrisposto durante il periodo di congedo parentale dal 30 per cento (attuale) al 60 per cento della retribuzione, al fine di favorire la possibilità di cura e di accoglienza del nuovo nato da parte dei genitori. Anche in questo caso l’azione politica di Area Popolare in favore della famiglia aveva già comportato modifiche alle disposizioni originarie con il prolungamento dell’età del bambino fino alla quale usufruire del congedo da 3 a 6 anni.
Con l’articolo 8 si incrementa il Fondo di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge, n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 (150 milioni per il 2019 e 250 milioni di euro a decorrere dal 2020), con una espressa finalizzazione dei finanziamenti aggiuntivi a due finalità, entrambe connesse alla fase della prima infanzia: il cofinanziamento degli investimenti promossi per la costruzione ovvero per la riqualificazione di strutture destinate ad asili nido, in vista del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002 e per l’istituzione dell’assegno di cura e custodia, al fine di garantire un’assistente materna riconosciuta o un qualunque altro soggetto idoneo per la custodia, anche domiciliare, del bambino (articolo 8, comma 2, lettera b)). L’obiettivo è quello di incrementare la copertura del servizio asilo, attualmente al livello di 22,5 posti ogni 100 bambini fino a tre anni, a fronte di un obiettivo comunitario del 33% di copertura. E’ peraltro notizia di questi giorni che il Governo francese intende assicurare la copertura del 100% dei bambini sopra i tre anni
Nella scorsa legislatura l’impegno di Area Popolare ha fortemente incrementato le risorse destinate agli asili nido. In particolare la legge di bilancio 2017 ha previsto l’erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini fino a tre anni affetti da gravi patologie croniche. Il limite di spesa è di 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019, e di 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.
Con la Legge n. 107 del 2015 (c.d. “buona scuola”) e con le norme attuative contenute nel decreto legislativo 65 del 2017, è stato varato il Piano nazionale 0/6 che ha trasformato i due segmenti educativi in un unico sistema integrato che deve essere considerato l’inizio del percorso scolastico di ogni bambino. Di fatto, i servizi per l’infanzia escono dalla dimensione assistenziale ed entrano a far parte della sfera educativa. Questo processo unitario coinvolge i servizi educativi per l’infanzia (nido e micronido, servizi integrativi, sezioni primavera) e la scuola dell’infanzia statale e paritaria e che verrà gestito in modo coordinato dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali. Sono stati stanziati 209 milioni di euro per il 2017, 224 per il 2018 e 239 a decorrere dal 2019 che le Regioni ripartiscono tra i Comuni per potenziare nidi e scuole dell’infanzia, aumentando il servizio ed abbassando le rette. 150 milioni nel triennio sono destinati alla costruzione di poli dell’infanzia. Il Piano nazionale pluriennale è stato varato l’11 dicembre 2017dal Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri di ripartizione approvati in Conferenza Unificata, il 2 novembre.
Con l’articolo 9 si interviene invece sulla fase dell’età scolare, introducendo un contributo specifico, in forma di voucher, per le spese di formazione e istruzione, percepibile fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio.
L’articolo 10 introduce, sul modello francese, il voucher per i servizi alla persona e alla famiglia. L’Italia è tra i tre più grandi mercati del lavoro domestico in Europa, costituito in prevalenza da lavoratori immigrati (il 77,3 per cento del totale a fronte del 22,7 per cento costituito da italiani); e da donne (l’82,4 per cento del totale a fronte del 17,6 per cento costituito da uomini). Per il 92,8 per cento di tali lavoratori il lavoro domestico è l’attività principale.
Si tratta di un mercato che crescerà ancora di più nei prossimi anni: se nel 2001 erano 1.083.000 i lavoratori domestici, già nel 2013 l’offerta ne conta 1.655.000, pari ad un aumento del 53 per cento, con una domanda familiare che, però, ne richiede 2.600.000. E, per il 2030, l’offerta raggiungerebbe quota 2.151,000, con un totale aumento del 98 per cento (dati Censis). L’Italia, inoltre, è il Paese europeo con il minor numero di anziani ospitati in case di riposo. Quanto alle lavoratrici, quelle straniere rappresentano la quasi totalità: le badanti straniere sono 747.000 su 830.000, il 90 per cento; con contratto di lavoro regolare 232.000, pari al 38 per cento; irregolarmente presenti in Italia, o regolarmente presenti, ma senza contratto sono 463.140 (62 per cento). Le badanti straniere non regolari (in nero e in grigio) sono il 62 per cento, 6 su 10, pari a 463.140.
Il settore economico dei servizi alla persona cresce più degli altri in tutto il mondo. In Italia ha un valore aggiunto, solo per colf e badanti, di 16 miliardi di euro nel 2010. Il voucher ha inoltre un forte potere di far riemergere i redditi sommersi nel settore dei servizi alla persona.
La norma proposta quindi introduce un voucher utilizzabile per il pagamento dei servizi alla persona e alla famiglia, destinato a pagare i servizi domestici, il baby sitting, l’assistenza, anche infermieristica, alle persone anziane, non autosufficienti e ai disabili. La norma prevede un limite di reddito di 80.000 euro lordi. Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, le modalità applicative del voucher.
Il comma 4 modifica il testo unico delle imposte sui redditi prevedendo la detraibilità del 33 per cento degli oneri sostenuti attraverso il voucher universale. Il comma 5 stabilisce infine che la misura è introdotta sperimentalmente dal 2019 con un limite di spesa di 300 milioni di euro.
Con l’articolo 11 si interviene sul tema del microcredito, estendendo alle famiglie le finalità dell’apposito Fondo (attualmente limitato al sostegno alle imprese) e colmando un vuoto normativo in quanto oggi non esiste uno schema pubblico di garanzia che possa supportare lo sviluppo di questo importante strumento di finanziamento diffuso della spesa delle famiglie.
Infine il capo III interviene sul tema della casa.
La possibilità di avere una casa, di proprietà o in affitto, rappresenta una questione sociale fondamentale, che si intreccia all’andamento del ciclo economico del Paese e può, soprattutto nel caso dei giovani, costituire un elemento determinante nella decisione di formare una famiglia.
In Italia, la crescita dei valori immobiliari – che si è protratta per una lunga fase – ha contribuito a rendere difficile per le coppie di giovani sposi, non solo effettuare un acquisto immobiliare, ma anche accedere a contratti privati di locazione.
Questa situazione è stata alimentata dalla precarietà delle condizioni del mercato del lavoro giovanile: in Italia la condizione del precariato accomuna ancora migliaia di giovani, nonostante le recenti riforme introdotte con il Job Act, e si somma al ruolo negativamente significativo svolto dalle politiche abitative, che hanno registrato una progressiva crisi dell’edilizia residenziale pubblica.
Il problema dell’accesso alle abitazioni da parte dei giovani intenzionati a sposarsi è stato recepito da alcune legislazioni regionali che hanno previsto una riserva di alloggi nei programmi di edilizia residenziale pubblica, convenzionata o sovvenzionata. Ma è necessario andare oltre. La Costituzione dispone, all’articolo 31, che la Repubblica deve agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e questo comporta la necessità di rendere organica la normativa sulle agevolazioni per l’accesso alla casa da parte di coloro che decidono di sposarsi, sia per l’acquisto sia per la locazione.
La finalità principale e fondamentale degli articoli 12, 13, 14 e 15 è quindi quella di sostenere la famiglia come risorsa primaria in tutte le sue funzioni e di permettere alle giovani coppie l’accesso facilitato al diritto alla casa, sia in affitto che in proprietà, con particolare riferimento – per la locazione – alla formulazione di agevolazioni fiscali, sia per il conduttore che per il proprietario nel caso di contratto di locazione per giovani sposi.
Possono accedere alle agevolazioni fiscali indicate all’articolo 12 i conduttori in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 13, comma 1, ovvero tutti coloro che abbiano contratto matrimonio civile o concordatario, fino a tre anni prima della data di decorrenza del contratto di locazione, purché uno dei coniugi abbia meno di trentacinque anni di età e essi abbiano un reddito complessivo fino a 50.000 euro lordi annui.
All’articolo 13, comma 2, viene inoltre indicato che le agevolazioni di cui all’articolo 12 si applicano per i successivi tre anni dalla stipula del contratto di locazione o del suo rinnovo; mentre all’articolo 13, comma 3, viene stabilito che in caso di nascita del primo figlio, nelle condizioni indicate dai commi precedenti, le agevolazioni si intendono prorogate ai conduttori per il successivo triennio. È anche questa una norma chiaramente finalizzata all’incremento della natalità, che rivela la finalità dell’intero provvedimento che è quella di fare in modo che attraverso tante misure convergenti lo Stato mostri sempre un volto amichevole ai giovani che decidono di costruire una famiglia e a tutti coloro che affrontano con fiducia l’arrivo di un nuovo membro della famiglia stessa.
Giova infine ricordare che dal 2018 è operativo il Fondo (di garanzia per i mutui) prima casa 2018, che sostituisce e aumenta il raggio d’azione del vecchio fondo Giovani Coppie ora non più attivo Il Fondo è dotato di 650 milioni di euro, ulteriormente incrementabili da Regioni ed Enti pubblici ed è in grado di offrire garanzie sui mutui ipotecari per circa 20 miliardi di euro. La garanzia sui mutui prima casa, offerta dal Fondo è consentita e quindi concessa nella misura massima del 50% della quota capitale per un massimo di 250 mila euro.
PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
TRATTAMENTO FISCALE DELLA FAMIGLIA
Art. 1.
(Detrazioni per carichi di famiglia).
1. Al comma 1 dell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla lettera c):
1) le parole: «950 euro» sono sostituite dalle seguenti: «1.150 euro»;
2) le parole: «a 1.220 euro» sono sostituite dalle seguenti: «di un importo pari a 300 euro»;
3) le parole: «400 euro» sono sostituite dalla seguenti: «600 euro»;
4) le parole da: «con più di tre figli a carico» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «con due figli a carico la detrazione è aumentata di 300 euro per ciascun figlio. Per i contribuenti con tre figli a carico la detrazione è aumentata di 400 euro per ciascun figlio. Per i contribuenti con quattro o più figli a carico la detrazione è aumentata di 500 euro per ciascun figlio»;
b) dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
«d-bis) oltre a quanto previsto dalla lettera d), quale misura di sostegno alla assistenza recata ai genitori, è riconosciuta una detrazione pari a ulteriori 500 euro per ciascuno dei genitori, o dei genitori del coniuge non legalmente ed effettivamente separato, che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto fra l’importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro».
2. A decorrere dall’anno d’imposta 2019, l’importo previsto dal comma 2 dell’articolo 12 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è incrementato a 5.000 euro.
Art. 2.
(Innalzamento del limite reddituale ai fini del beneficio degli 80 euro).
1. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è inserito il seguente:
«1-ter. Per ogni familiare a carico ai sensi dell’articolo 12 i limiti reddituali di cui al comma 1-bis del presente articolo sono elevati del 10 per cento».
Art. 3.
(Addizionale regionale dell’IRPEF).
1. Ai fini della determinazione dell’addizionale regionale e dell’addizionale comunale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), le regioni e gli enti locali, a parità di gettito complessivo, introducono detrazioni in favore delle famiglie non inferiori a 50 euro per ogni figlio a carico per le addizionali regionali e a 25 euro per ogni figlio a carico per le addizionali comunali, prevedendo ulteriori agevolazioni in favore delle famiglie con figli disabili.
Capo II
INCREMENTO DELLA NATALITÀ, SOSTEGNO ALLE SPESE FAMILIARI E MISURE PER LA CONCILIAZIONE DI FAMIGLIA E LAVORO
Art. 4.
(Agevolazioni per l’infanzia e il puerperio).
1. I soggetti di cui all’articolo 5 usufruiscono di una deduzione ai fini dell’IRPEF fisiche pari all’80 per cento delle spese sostenute per la cura e per la tutela della salute della puerpera e del bambino dopo il parto indicate al comma 2 del presente articolo.
2. La deduzione di cui al comma 1 è applicabile:
a) alle spese sostenute dalla puerpera a seguito del parto e indicate dagli specialisti, prescritte dagli stessi o dal medico di medicina generale; tali spese comprendono anche i prodotti cosmetici non medicinali che il medico indica come necessari per un periodo non superiore a tre mesi dalla nascita del bambino;
b) alle spese ritenute necessarie alla cura, all’accoglienza e al nutrimento del bambino fino al compimento del primo anno di età, suddivise nelle seguenti categorie:
1) latte artificiale e altri alimenti speciali;
2) igiene per l’infanzia: pannolini e detergenti;
3) accessori obbligatori per l’infanzia finalizzati al trasporto e al riposo.
3. Ai fini della deduzione di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del testo unico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità attuative del presente articolo, incluse le modalità di documentazione delle spese sostenute per fruire delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2.
Art. 5.
(Beneficiari).
1. Le agevolazioni di cui agli articoli 4 e 8, comma 2, lettera b), sono concesse ai soggetti che:
a) esercitano la potestà su bambini nati o adottati a decorrere dal 1 gennaio 2018;
b) sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, residenti in Italia, o cittadini di Stati non membri dell’Unione europea con regolare permesso di soggiorno, residenti in Italia da almeno due anni;
c) hanno un reddito non superiore a 30.000 euro annui, con riferimento a nuclei monoreddito con tre componenti. Per nuclei familiari con diversa composizione, il requisito economico riferito al nucleo familiare è stabilito ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, ed è individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 6.
(Incentivi in favore delle imprese).
1. Per ogni giorno di assenza di un genitore lavoratore a causa di maternità, paternità o puerperio al datore di lavoro è riconosciuto un credito d’imposta pari al 20 per cento della retribuzione giornaliera onnicomprensiva lorda, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il credito d’imposta di cui al comma 1 è riconosciuto fino a un importo massimo annuo di 3 milioni di euro per ciascun beneficiario ed è ripartito in tre quote annuali di pari importo.
3. Il credito d’imposta è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
4. Al credito d’imposta di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
5. Il credito d’imposta di cui al comma 1 è riconosciuto a seguito della presentazione, da parte del datore di lavoro, della documentazione relativa all’assenza del lavoratore per le cause indicate nel medesimo comma 1.
6. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità attuative del presente articolo, nonché le modalità per il relativo monitoraggio.
Art. 7.
(Incremento della retribuzione in caso di congedo parentale).
1. All’articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un’indennità pari al 60 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori, di sei mesi. L’indennità è calcolata ai sensi di quanto previsto all’articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso articolo»;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto dai commi 1 e 2 del presente articolo è dovuta un’indennità pari al 60 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l’integrazione al minimo».
Art. 8.
(Incremento del fondo nazionale per asili nido e assegno di cura e custodia).
1. Al fine di promuovere e di garantire, su tutto il territorio nazionale, un servizio di custodia dei figli, il Fondo per le politiche della famiglia, istituito dall’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, da ultimo incrementato dall’articolo 1, comma 132, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è ulteriormente incrementato nella misura di 150 milioni di euro per l’anno 2019 e di 250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020.
2. Le maggiori risorse di cui al comma 1 sono destinate:
a) al cofinanziamento degli investimenti promossi dalle amministrazioni locali per la costruzione per la riqualificazione di strutture destinate ad asili nido, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002 sulla situazione economica, sociale e assistenziale nell’Unione europea, individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
b) all’istituzione dell’assegno di cura e custodia per il pagamento di un’assistente materna riconosciuta o di un qualunque altro soggetto idoneo al fine di consentire la cura e la custodia del bambino. L’erogazione è differenziata in base alle categorie di reddito indicate per l’erogazione degli assegni familiari ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni, e dell’articolo 1, comma 11, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, adotta un decreto per la definizione dei criteri per la fruizione dell’assegno di cui alla lettera b) del comma 2 e dell’importo dello stesso per ciascuna fascia di reddito, nonché per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni di utilizzo.
Art. 9.
(Voucher per le spese di istruzione e formazione).
1. Alle famiglie con figli in età scolare è riconosciuto annualmente un contributo a fondo perduto in forma di voucher per la copertura delle spese di formazione e istruzione, pari a 1.000 euro per ciascun figlio a carico. Il contributo è riconosciuto fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio.
2. Il contributo di cui al comma 1 è concesso ai soggetti che:
a) esercitano la potestà sui figli per i quali il contributo è richiesto;
b) sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, residenti in Italia, o cittadini di Stati non membri dell’Unione europea con regolare permesso di soggiorno, residenti in Italia da almeno due anni;
c) hanno un reddito non superiore a 30.000 euro annui, con riferimento a nuclei monoreddito con tre componenti. Per nuclei familiari con diversa composizione, il requisito economico riferito al nucleo familiare è stabilito ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, ed è individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le spese alla cui copertura è destinato il contributo di cui al presente articolo, le modalità di presentazione delle domande e quelle di erogazione del relativo voucher.
Art. 10.
(Voucher per i servizi alla persona e alla famiglia).
1. Al fine di estendere i servizi di welfare e di consentire la riemersione del lavoro sommerso in ambito familiare è introdotto, a decorrere dall’anno 2019, un voucher utilizzabile per il pagamento dei servizi alla persona e alla famiglia. Il beneficio è riconosciuto ai nuclei familiari con un reddito lordo non superiore a 80.000 euro e consiste nelle detrazioni fiscali di cui al comma 4.
2. Il voucher è destinato al pagamento delle seguenti prestazioni lavorative:
a) servizi domestici;
b) servizi di baby sitting;
c) assistenza, anche infermieristica, alle persone anziane e non autosufficienti;
d) assistenza, anche infermieristica, alle persone disabili.
3. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite:
a) l’esatta individuazione delle prestazioni per le quali il voucher è utilizzabile;
b) le modalità di acquisto e di utilizzo da parte delle famiglie;
c) le modalità con le quali i lavoratori addetti ai servizi incassano il netto delle prestazioni pagate mediante voucher;
d) i requisiti e la qualificazione delle società emettitrici, da selezionare mediante gara ad evidenza pubblica;
e) i valori le caratteristiche delle diverse tipologie di voucher, nonché le caratteristiche necessarie volte ad impedirne la falsificazione e ad assicurarne la piena tracciabilità;
f) le regole di utilizzo e le sanzioni per l’uso improprio.
4. Dopo il comma 1-quater dell’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione per oneri, sono inseriti i seguenti:
1-quinquies. I contribuenti con un reddito lordo non superiore a 80.000 euro possono detrarre un importo pari al 33 per cento degli oneri sostenuti attraverso il voucher per i servizi alla persona e alla famiglia, per un importo non superiore a 5.000 euro. L’importo di cui al precedente periodo è elevato di 1.000 euro per ciascun figlio o persona di età superiore a sessantacinque anni a carico e di 2.000 euro in caso di contribuenti aventi a carico una persona non autosufficiente nel compimento
degli atti della vita quotidiana o con invalidità permanente non inferiore all’80 per cento, con un limite massimo di 10.000 euro;
1-sexies. Se le detrazioni di cui al comma 1-quinquies non sono fruibili da parte del soggetto beneficiario, per eccedenza rispetto alla relativa imposta lorda la detrazione non fruita è riconosciuta al contribuente mediante corresponsione di un assegno di importo corrispondente, ovvero può essere trasformata, a richiesta del contribuente in un credito d’imposta per gli anni successivi.
5. Per l’anno 2019, in via sperimentale, il beneficio è concesso nel limite di spesa di 300 milioni di euro. Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un fondo di copertura per gli oneri derivanti dell’introduzione del voucher per i servizi alla persona e alla famiglia, con una dotazione pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.
Art. 11.
(Microcredito per le famiglie).
1. Nell’ambito del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è istituita una Sezione speciale denominata «Fondo per il microcredito alle famiglie». La dotazione del Fondo per il microcredito alle famiglie è determinata annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro sviluppo economico, sentito l’Ente nazionale per il microcredito (ENM).
2. L’ENM promuove la stipula di convenzioni tra enti pubblici, enti privati e istituzioni, nazionali e sovranazionali, finalizzate all’incremento delle risorse dedicate al microcredito per le famiglie.
L’ENM è l’organo vigilante sui soggetti non vigilati dalla Banca d’Italia che esercitano i servizi aggiuntivi di cui all’articolo 111 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, relativamente ai crediti concessi alle famiglie ai sensi del presente articolo. Il controllo esercitato dall’ENM è finalizzato ad assicurare standard nazionali di qualità nell’erogazione dei servizi di assistenza, sulla base di un codice di condotta degli operatori opportunamente sviluppato dallo stesso Ente. L’ENM può prevedere un processo di certificazione degli operatori che esercitano i servizi aggiuntivi.
3. Le attività di finanziamento alle famiglie garantite dal fondo di cui al comma 1 non possono superare l’importo di 10.000 euro e devono rientrare nelle seguenti finalità:
a) offrire soluzioni concrete alle famiglie che si trovano in una situazione di temporanea difficoltà economica, attraverso la concessione del prestito;
b) acquisto di beni o servizi necessari al soddisfacimento di bisogni primari del soggetto finanziato o di un membro del suo nucleo familiare;
c) miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, dell’abitabilità e della sicurezza degli immobili di proprietà o condotti dal nucleo familiare attraverso limitati interventi di ristrutturazione;
d) efficientamento energetico degli immobili di cui alla lettera c);
e) sostegno ai nuclei familiari che non risultino in grado di far fronte al pagamento di un numero limitato di canoni d’affitto o di rate di mutuo, al fine di favorire la permanenza del nucleo familiare nelle abitazioni;
f) messa a norma degli impianti elettrici, idrici e di riscaldamento;
g) ristrutturazione dello stabile condominiale;
h) copertura delle spese per eventuali danni causati dal conduttore dell’immobile;
i) anticipo del pagamento di depositi cauzionali per la locazione di nuovi immobili in presenza di sfratto esecutivo e pagamento del canone di locazione per i primi mesi.
4. All’ENM sono altresì attribuiti compiti di diffusione e gestione di programmi e progetti di educazione finanziaria con lo scopo di favorire un utilizzo consapevole degli strumenti e delle risorse finanziarie in particolare tra le famiglie e i giovani. A tal fine, l’ENM promuove partenariati tra istituzioni pubbliche, private e del terzo settore. I programmi e i progetti sono finanziati con risorse proprie dell’ENM e mediante finanziamenti derivanti da Fondi strutturali europei.
Capo III
ACCESSO ALL’ABITAZIONE PER LE GIOVANI FAMIGLIE E TASSAZIONE DELL’ABITAZIONE PRINCIPALE
Art. 12.
(Agevolazione fiscale per gli immobili concessi in locazione a giovani coppie).
1. La somma delle aliquote dell’imposta municipale propria (IMU) e della tassa sui servizi indivisibili (TASI) applicabili agli immobili concessi in locazione a giovani coppie ai sensi degli articoli 13 e 14, non può superare il 2 per mille.
2. Il conduttore di immobili in possesso dei requisiti di cui all’articolo 13, comma 1, può detrarre, ai fini dell’IRPEF, un importo pari al 25 per cento del canone annuo di locazione corrisposto. Per fruire di tale agevolazione, il conduttore è tenuto ad allegare alla dichiarazione dei redditi un’autodichiarazione che attesti la sussistenza dei requisiti e delle condizioni di cui al citato articolo 13, comma 1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le modalità attuative del presente comma ed è definito il modulo per l’autodichiarazione di cui al periodo precedente.
3. Le agevolazioni di cui al presente articolo non sono cumulabili con altre agevolazioni fiscali riferite alla medesima unità immobiliare.
Art. 13.
(Beneficiari).
1. Possono beneficiare delle agevolazioni di cui all’articolo 12 i conduttori di immobili ad uso abitativo che possiedono tutti i seguenti requisiti:
a) hanno contratto matrimonio fino a tre anni prima della data di decorrenza del contratto di locazione;
b) uno dei due coniugi ha un’età inferiore ai trentacinque anni;
c) hanno un reddito complessivo annuo fino a 50.000 euro lordi per un nucleo familiare di due componenti. Per nuclei familiari con diversa composizione, il requisito economico è calcolato ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, ed è individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Le agevolazioni di cui all’articolo 12 si applicano per i tre anni successivi alla stipula del contratto di locazione o al suo rinnovo.
3. In caso di nascita del primo figlio, nel rispetto delle condizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, le agevolazioni di cui all’articolo 12 si intendono prorogate per il successivo triennio.
Art. 14.
(Ambito di applicazione).
1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 13, sono ammessi alle agevolazioni di cui all’articolo 12 i soggetti che stipulano ovvero rinnovano, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo primario, nei quali il conduttore stabilisce la propria residenza entro un mese dalla data di registrazione del contratto di locazione.
2. Le agevolazioni dell’articolo 12 spettano a condizione che i contratti di locazione stipulati abbiano una durata non inferiore a quattro anni.
3. Le disposizioni dell’articolo 12 non si applicano:
a) ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o inclusi nelle categorie catastali A/8 e A/9;
b) agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
4. Le disposizioni dell’articolo 12 non si applicano ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali, in qualità di conduttori, per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio