Maurizio Lupi

 REFERENDUM, 10 RAGIONI PER DIRE NO
Settembre 1, 2020

REFERENDUM, 10 RAGIONI PER DIRE NO

C’è un solo modo per rispettare la volontà popolare ed è rispettare il Parlamento.

 

SI RISPARMIA. Assolutamente no. Sono state fatte cifre iperboliche. Il taglio consentirebbe una diminuzione di spesa dello 0.007 per cento della spesa pubblica, 57 milioni l’anno, neanche un euro a cittadino. La democrazia vale almeno un caffè al giorno?

SONO TROPPI. Non è vero. In Europa l’Italia è al 23° posto (su 27) nel rapporto tra eletti e elettori. In Italia c’è un deputato 96 mila abitanti, con la vittoria dei Sì si passerebbe a uno ogni 151.210. Per il Senato si passerebbe da un senatore ogni 188.424 abitanti a uno ogni 302.420.

NOMINATI. Con questo taglio e con l’attuale legge elettorale i 400 deputati e i 200 senatori saranno
sempre più nominati e sempre più dipendenti dai capi-partito. Altro che abbattimento della “casta”, il risultato è una casta ancora più autoreferenziale, tutelata e garantita.

DEMOCRAZIA DIRETTA. È la promessa di chi sostiene il taglio dei parlamentari, ma non c’è nessuna
proposta che vada in questa direzione. Paradossalmente succederà il contrario. Si creeranno situazioni in cui quando una Commissione del Senato è in sede deliberante (cioè i suoi componenti votano direttamente una legge senza passare dall’Aula) può bastare il voto di 4 senatori per farla passare. Avete letto bene: 4 persone decidono per 60 milioni di italiani. Questo è peggio della “casta”, questa è oligarchia.

 

IL PARLAMENTO DIVENTA PIÙ EFFICIENTE. Tutt’altro.
Meno persone, soprattutto al Senato, dovranno assolvere a un’infinità di compiti che li obbligherà a un lavoro inevitabilmente più superficiale, oppure a delegarlo a nuovi tecnici e funzionari, con nuovi costi che renderanno ancora più risibile il decantato risparmio. La vera efficienza del Parlamento si ottiene diversificando i compiti tra Camera e Senato. Siamo l’unico Paese al mondo dove esiste il bicameralismo perfetto, dove una legge va avanti e indietro tra Montecitorio e Palazzo Madama per mesi. Ma chi oggi propone il taglio si è opposto a una riforma che eliminava questo difetto delle nostre istituzioni. Sicuri che voglia davvero l’efficienza?

UN FAVORE ALLE LOBBY. Un Senato con 200 membri, di fatto scelti dalle segreterie di partito, invece di 315 diventerebbe inevitabilmente più permeabile alle lobby, alle quali questa riforma facilita molto il lavoro.

MAGGIORANZA PIGLIATUTTO. Un rischio serio è la formazione di maggioranze che, con gli attuali sistemi elettorali, hanno praticamente la possibilità di eleggersi da sole il Presidente della Repubblica, che non sarebbe più la figura di garanzia e di unità del Paese ma il presidente di una sola parte. L’equilibrio dei poteri previsto dalla nostra Costituzione viene messo in serio pericolo.

MINORANZE E REGIONI NON RAPPRESENTATE. Il Senato è eletto su base regionale, ma essendo solo 200 i senatori, molti partiti, pur avendo superato la soglia di sbarramento nazionale, non potranno partecipare alla distribuzione dei seggi su base regionale perché, vista la riduzione numerica, gli scranni saranno attribuiti solo alle liste maggiori. Inoltre La riforma concentra la rappresentanza politica nelle aree più popolose del Paese, a scapito di quelle con meno abitanti ma territorialmente più vaste, e non tutela in modo adeguato le minoranze linguistiche (il caso del Trentino-Alto Adige è quello più significativo).

LA STRADA VERSO L’AUTORITARISMO. L’antiparlamen-tarismo è sempre stata una caratteristica delle ideologie totalitarie. Non è mai successo che riducendo la democrazia rappresentativa sia cresciuta la democrazia diretta. Agli attacchi al Parlamento di solito segue un’esperienza autoritaria. Qualcuno deve decidere, se non lo fanno deputati e senatori lo fanno altri poteri.

LO VUOLE LA GENTE. La democrazia non può essere appaltata ai sondaggi. Non ci piace cavalcare la moda dell’antipolitica. È la politica che ha il compito di guida e di formazione di una democrazia più compiuta ed efficiente. Il numero dei parlamentari non è un dogma, la sua riduzione è possibile. Ma fatto in questo modo, solo per rincorrere il consenso popolare senza riforme che rendano veramente più efficiente il Parlamento, il taglio non ha senso. È un errore, e gli errori sono pieni di conseguenze negative.

 

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