DRAGHI VUOLE UN GOVERNO PER IL PAESE
Mario Draghi con il suo discorso ha confermato il motivo per cui da subito gli abbiamo accordato la nostra fiducia: un “governo del Paese”, senza aggettivi, cioè, per dirla con le parole del presidente della Repubblica “un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.
L’unità a cui ha richiamato il Parlamento – è un dovere, ha detto – non è un di meno per la politica, comporta certo delle rinunce, ma è “un passo avanti” verso una responsabilità nazionale di ricostruzione.
Confortano – oltre ai contenuti riformisti elencati in modo puntuale, dal fisco alla giustizia, dalla riforma della pubblica amministrazione al coinvolgimento dei privati, dalla scuola alla formazione dei funzionari pubblici – gli spunti di metodo con cui ha voluto definire lo stile del suo esecutivo: il confronto con il Parlamento, l’informazione tempestiva ai cittadini sul cambiamento delle regole, la qualità e la rapidità delle decisioni (ad esempio nella campagna vaccinale), il concentrarsi sugli obiettivi strategici evitando dispersione di risorse in lunghi elenchi di progetti, interventi strutturali e non un “farisaico rispetto delle quote rosa” per una vera parità di genere soprattutto nel mondo del lavoro, e poi, la concretezza e la fattibilità dei piani.
Ha chiesto un “sostegno convinto” a questo Parlamento. L’unità come metodo si misurerà quindi sui contenuti, a partire dalla convinta collocazione europea e atlantica del nostro Paese senza tentennamenti verso regimi che destano preoccupazioni e con uno scopo preciso: la ricostruzione, senza sprecare “il tempo del potere nella sola preoccupazione di conservarlo”.
Non so a chi pensasse, ma sono d’accordo anche su questo.