Propongo di sbrigarci per il lavoro dei nostri giovani
I dati diffusi dall’Istat sulla disoccupazione dimostrano, se ancora ce n’era il bisogno, che il problema dell’Italia in questo momento e’ la crescita, e la creazione di lavoro che ne consegue. Ecco la mia proposta concreta
Li ho riletti sul Corriere.it > “Istat: disoccupazione all’11.1%”
I DATI > Un tasso di disoccupazione dell’11 per cento è preoccupante, ancora più preoccupante è quello della disoccupazione giovanile, giunto al 36,5 per cento.
I DATI DA VICINO > Questo non vuol dire, come facilmente grideranno alcuni demagoghi che più di un giovane su tre è disoccupato. Nella fascia dai 15 ai 24 anni la metà dei giovani studia, il tasso è riferito al 30 per cento di giovani ‘attivi’, che lavorano o cercano lavoro. C’e’ poi un 20 per cento ancora più preoccupante che nè studia nè cerca lavoro. La precisazione non toglie drammaticità al problema, in cifre assolute si parla di 639mila giovani in cerca di lavoro.
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LA MIA PROPOSTA > Ritengo allora che non si possa rimandare oltre l‘attuazione di misure come l’abbattimento fiscale nei primi tre anni per le imprese che assumono giovani e l’incremento dei fondi per le borse di studio. La legge di stabilità è all’esame del Senato, c’e’ il tempo per intervenire. Il tempo che non c’e’ più è quello dell’immobilismo di fronte al declino.
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APPROFONDIMENTO
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- Nuovo apprendistato
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One thought on “Propongo di sbrigarci per il lavoro dei nostri giovani”
I fondi vanno bene, quando ci sono, ricordiamoci però che le assunzioni si fanno anche perché i dipendenti servono a produrre, l’importante è possedere le competenze giuste per lavorare nei settori trainanti. Faccio un esempio, sappiamo che in Italia il mercato è fermo, ci sono però economie che crescono in fretta. Il problema è che per andare a lavorare all’estero servono le lingue, nota dolente per gli italiani, me compreso. Però si potrebbe affiancare un ragazzo italiano, che ragionevolmente conosce bene l’ambiente aziendale di una nostra PMI con un ragazzo extracomunitario, che di solito conosce bene un paio di lingue e conosce la cultura del mercato del paese da cui proviene, per potenziare l’internalizzazione delle nostre aziende, aiutandole ad acquisire commesse e a capitalizzarsi senza indebitarsi con le banche e senza chiedere aiuti allo stato.
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