Di fronte a persone che a cinquant’anni perdono il lavoro, il dibattito sul blocco dell’adeguamento dell’età in cui poter andare in pensione, mi pare surreale
Di fronte a persone che a cinquant’anni perdono il lavoro, il dibattito sul blocco dell’adeguamento dell’età in cui poter andare in pensione, che scatterebbe il primo gennaio 2019, mi pare surreale.
A chi viene espulso dal mercato del lavoro a quell’età che differenza fa il poter andare in pensione cinque mesi prima o cinque mesi dopo? Perché di questo si parla.
È stato stimato che il rinvio di due anni dello scalino che da 66 anni e sette mesi porta ai 67 anni, passaggio che sarà comunque inevitabile nel 2021, ci costerà circa cinque miliardi di euro.
Allora io dico: usiamo questi soldi, se proprio ce li abbiamo, per aiutare gli over 50 a ritrovare lavoro, riconosciamo già in questa legge di Bilancio la decontribuzione che abbiamo previsto per le aziende che assumono giovani anche a quelle che assumono i cinquantenni disoccupati.
Lavoreranno cinque mesi in più, ma invece che un astratto e futuro diritto alla pensione gli avremo garantito il diritto al lavoro, quello di cui parla il primo articolo della nostra Costituzione. Non sono quindi per nulla d’accordo con quanto proposto da molti e autorevoli esponenti del Partito democratico, di rinviare tutto di sei mesi.
Perché scaricare su altri il problema quando adesso possiamo prendere una decisione a favore dell’occupazione?