Il manifesto dell'Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà
Nessun uomo (e nessun Paese) è un’isola. L’Italia non sfugge a questa regola. La situazione internazionale di interdipendenza vede il protagonismo di nuovi Paesi sulla via dello sviluppo. Bisogna prenderne atto, pena una perdita di ricchezza e reddito con conseguenze sul piano del welfare e della povertà.
Se l’Italia non imbocca la via dello sviluppo, si impoverirà. Senza sviluppo i giovani non avranno lavoro, né reddito, né pensione.
Da dove ripartire?
La nostra storia ci indica il metodo: il patto per il bene comune stretto tra forze politiche e sociali dopo la Seconda guerra mondiale, il compromesso virtuoso da cui sono nati Repubblica, Costituzione e boom economico. Protagonisti furono partiti, imprese e corpi intermedi, luoghi fisici dove la gente aggrega e viene educata a confrontarsi per il raggiungimento di un bene comune. Oggi sono in crisi, autoreferenziali e corporativi.
Viviamo in una società sempre più “individualizzata” e disintermediata, che non favorisce la costruzione di senso e il rafforzamento dei valori condivisi. C’è un vuoto in cui “ogni giorno di più il desiderio diventa esangue”, essendo invece il desiderio “la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita” (Rapporto Censis 2010). Se la capacità imprenditoriale non cresce, se nel pubblico si cerca solo il posto fisso, se la solidarietà viene meno, se la voglia di politica non c’è, è perché il desiderio non diventa azione sociale. La spinta propulsiva sullo sviluppo in Italia è venuta meno perché è venuto meno l’io, che ha nel desiderio l’espressione “del suo bisogno e la volontà di superare il vuoto”. Si è affermato un io iper-individualista, slegato dalle appartenenze comunitarie, incentrato su se stesso e su un eterno presente che mette a rischio la tenuta della collettività e l’idea di futuro. Un io privato di un orizzonte di senso e di legami sociali.
Le classi dirigenti hanno oggi la responsabilità di convergere verso un nuovo patto per il bene comune. Negli ultimi anni è successo l’opposto. Si è delegittimato l’avversario e incentrato il conflitto politico su uno scontro tra singole personalità, depotenziando ruolo e percezione dell’importanza dei corpi intermedi e della rappresentanza.
Non serve ulteriore discredito su tutto e tutti, ma dialogo e collaborazione tra forze diverse ma capaci di proporre al Parlamento soluzioni condivise. Occorre, come ha detto il presidente Mattarella al Meeting di Rimini nel 2015: “recuperare interamente il senso del vivere insieme” perché “le grandi sfide di oggi si possono affermare e governare soltanto ricercando e trovando politiche comuni e impegni condivisi”.
Dialogo e incontro: è questo, fin dal suo inizio nel 2003, il metodo dell’Intergruppo per la sussidiarietà.
Imprese, Sud, educazione, welfare, istituzioni sono i contenuti di questo dialogo.
Il sistema produttivo italiano va rinnovato, non rottamato né snaturato. Le piccole e medie imprese di qualità, la loro flessibilità e capacità di innovazione, sono un attore non sostituibile dalla grande impresa. Nella sfida sussidiaria per aumentare la competitività va superato il sistema di incentivi a pioggia con politiche che premino chi innova, fa formazione, esporta e crea occupazione, tutelando dalla contraffazione i prodotti simbolo di qualità.
Il Sud non è la periferia del Nord Europa e dell’Italia. È il centro geopolitico, sociale, culturale ed economico di una delle aree di maggiore interesse al mondo, il bacino del Mediterraneo.
Il potenziamento di Suez e la crescita del far East lo ricollocano al cuore delle strategie marittime internazionali. Le sue università possono essere luoghi di formazione per i giovani dei Paesi rivieraschi. Può avere un’agricoltura di qualità. È luogo naturale di un turismo d’alto livello internazionale. Vanno difese le grandi imprese e sviluppate le piccole e medie che in settori specializzati reggono la concorrenza internazionale.
L’educazione oggi è la sfida cruciale dei governi. Spendiamo il 3.7% del PIL contro una media OCSE del 4,8. I ragazzi vanno rimessi al centro dell’azione formativa, valorizzando l’autonomia delle scuole in un sistema di effettiva parità scolastica, coinvolgendo i territori e le realtà sociali. Occorre nuova formazione professionale.
Nel nostro sistema di welfare pubblico e privato cercano di integrarsi per affrontare adeguatamente i crescenti rischi e bisogni sociali a cui sono esposti i cittadini. Occorre continuare in un approccio partecipativo delle realtà non profit e non indulgere in misure assistenzialistiche.
Pubblica amministrazione, forma di governo e autonomie. Torniamo a confrontarci sul superamento della fallimentare logica dell’uniformità e del centralismo a favore di un regionalismo differenziato e sul progetto di federalismo fiscale.
Sono sfide da affrontate insieme nel dialogo all’interno delle istituzioni. Dialogo che, pur partendo da (e restando su) posizioni politiche diverse, trova nel principio di sussidiarietà un punto di lavoro comune.
Maurizio Lupi, Mara Carfagna, Ettore Rosato, Fabio Rampelli, Ignazio La Russa, Massimiliano Romeo, Barbara Saltamartini, Graziano Del Rio, Lorenzo Guerini, Simona Malpezzi , Matteo Richetti , Stefano Lepri, Luigi Marattin, Maria Stella Gelmini, Anna Maria Bernini, Licia Ronzulli, Antonio Palmieri , Guido Crosetto, Gabriele Toccafondi